Difendere la sopravvivenza dell’Armenia significa difendere la civiltà cristiana e con essa il senso dell’Europa nel mondo.
La storia culturale degli armeni, simboleggiata da secoli di arte, architettura e tradizioni, è attualmente in grave pericolo a causa del conflitto in corso nella regione del Nagorno-Karabakh. Questo territorio, oggetto di dispute tra Armenia e Azerbaigian, ospita centinaia di chiese, monasteri e cimiteri risalenti all’XI e al XIX secolo, rappresentando un patrimonio culturale prezioso per gli armeni. L’offensiva militare azera ha costretto la maggior parte della popolazione armena a fuggire, lasciando dietro di sé non solo le proprie case, ma anche un patrimonio culturale che rischia di scomparire. Questi luoghi sacri, ricchi di storia e significato, sono ora a rischio di distruzione e appropriazione, minacciando la diversità culturale e religiosa della regione.
Tra i siti più vulnerabili, vi sono il monastero di Dadivank, fondato nel IV secolo, rappresentante un’icona dell’architettura medievale armena, e il monastero di Gandzasar, un capolavoro del XIII secolo che racchiude in sé secoli di storia e devozione. Oltre a questi è altamente esposto al pericolo il complesso monastico di Amaras, fondato nel IV secolo da San Gregorio Illuminatore, la figura chiave nel cristianesimo armeno. Questi siti rappresentano non solo opere architettoniche straordinarie, ma anche testimonianze tangibili della fede e dell’eredità culturale armena. Qualche settimana fa, durante una cerimonia al centro della città di Stepanakert (ribattezzata in Khankendi), Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaijan dal 2003, ha celebrato la sconfitta e il crollo della democrazia cristiana armena dell’Artsakh. Simboleggiano questi fatti la croce abbattuta a Stepanakert dall’esercito azero, il deturpamento dei luoghi di culto armeni, la trasformazione della Cattedrale del Santo Salvatore di Shushi in moschea, nonché la ridenominazione di alcune strade centrali della ex-capitale dell’Artsakh in onore degli autori del Genocidio armeno del 1915.
Il patrimonio culturale non riguarda solo gli edifici e i monumenti, ma anche le tradizioni, le lingue e le pratiche culturali tramandate di generazione in generazione. Le danze, i canti e i dialetti dell’Armenia rischiano di scomparire con il tempo, poiché le persone che sono i custodi naturali di queste tradizioni vengono separate e potrebbero non essere in grado di trasmetterle alle future generazioni. In questo contesto critico, è essenziale un intervento internazionale urgente. Le organizzazioni come l’UNESCO devono agire con tempestività per proteggere questi tesori culturali. Le immagini satellitari e le testimonianze sul campo dovrebbero essere utilizzate per documentare l’attuale stato dei siti culturali e monitorare qualsiasi forma di deterioramento o distruzione.
Inoltre, è fondamentale sollevare la consapevolezza a livello globale su questa situazione, incoraggiando la comunità internazionale a condannare la distruzione del patrimonio culturale e a sostenere gli sforzi per la sua preservazione. La pressione diplomatica sulle parti coinvolte nel conflitto è cruciale per garantire che le norme internazionali sulla protezione del patrimonio culturale vengano rispettate. In particolare, l’Unione Europea, con il suo impegno per i diritti umani, la diversità culturale e la conservazione del patrimonio, ha una responsabilità fondamentale in questa situazione critica. L’UE può e deve svolgere un ruolo cruciale nell’aumentare la consapevolezza globale sulla minaccia che grava sul patrimonio culturale armeno. Inoltre, può esercitare pressioni diplomatiche sulle parti coinvolte nel conflitto, incoraggiando il rispetto delle norme internazionali sulla protezione del patrimonio culturale durante le operazioni militari. L’Armenia, con la sua eredità culturale millenaria, merita di conservare queste testimonianze del passato per le generazioni future.